Cassazione: infortunio del lavoratore e responsabilità del datore di lavoro


Con sentenza n. 4347 del 2 febbraio 2016, la IV Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato che, in caso di infortunio del lavoratore, la responsabilità del datore di lavoro può essere esclusa unicamente qualora sia provato che il comportamento del dipendente sia stato abnorme e che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento.

Nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici di legittimità, la Corte di appello di Firenze, confermando la sentenza di primo grado, aveva condannato il datore di lavoro per il reato di lesioni colpose gravi, con violazione della normativa antinfortunistica, ai danni di un proprio dipendente.

Il lavoratore aveva patito lesioni in quanto era stato violentemente sbalzato a terra dal cassone dell'autocarro, sul quale era intento a contenere con la forza delle braccia le transenne parapedonali (non assicurate), a causa del repentino sbalzo in avanti del mezzo.

Al datore di lavoro veniva contestato di avere redatto un documento di valutazione rischi (DVR) inadeguato e carente a riguardo della procedura da rispettare per ridurre al minimo i rischi derivanti dal carico e impilamento delle transenne parapedonali, utilizzate per disciplinare l'afflusso delle persone in occasione di manifestazioni, omettendo, in particolar modo di prescrivere all'autista di scendere dal mezzo durante la fase di caricamento dei manufatti.

Avverso tale sentenza il datore di lavoro aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo che l’inadempimento contestato, da intendersi quale obbligo di stilare il “programma di attuazione”, non era previsto dalla legislazione vigente al momento del fatto, ma solo dalla normativa successivamente emanata (art. 28, d.lgs., n. 81/2008).

Il ricorrente deduceva, inoltre, che la condotta del predetto autista era da ritenersi abnorme, dunque imprevista ed imprevedibile, e pertanto aveva interrotto il nesso di causalità tra la propria condotta omissiva e l’evento dannoso.

Nella sentenza, la Corte rileva come l’obbligo di cui alla lett. b) del comma 2 dell'art. 28 del d.lgs. n. 81/2008 coincida, nella sostanza, con quello di cui alla norma in precedenza in vigore (art. 4, comma 2, d.lgs. n. 626/1994) e che ciò solo basterebbe a confermare la penale responsabilità del datore di lavoro. 

La Cassazione evidenzia come, nel caso di specie, sarebbe bastato prevedere (come, poi, dopo l'infortunio si è fatto) che l'autocarro restasse fermo per tutto il tempo dell'operazione di carico, imponendo all'autista di scendere dalla cabina. O qualunque altra precauzione, atta allo scopo.

La Suprema Corte dichiara inoltre senza alcun fondamento la pretesa di qualificare la condotta lavorativa dell'autista dell'autocarro imprevedibile, in quanto abnorme.

Sul punto, in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità, la Cassazione ha precisato che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti a osservarne le disposizioni, non esime il datore di lavoro dalle proprie responsabilità.

L'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere infatti esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore è stato abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento; abnormità che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori delle possibilità di controllo dei garanti.

La Corte afferma l'estrema rarità dell'ipotesi in cui possa affermarsi la configurazione di una condotta abnorme anche nello svolgimento proprio dell'attività lavorativa, escludendola tutte le volte in cui il lavoratore commetta un’imprudenza affidandosi alla procedura meno sicura, ma apparentemente più rapida o semplice, che non gli venga efficacemente preclusa dal datore di lavoro.


11/03/2016